Il feedback è quell’elemento che in un processo comunicativo regola le relazioni con il destinatario ed è ciò che distingue in maniera macroscopica la funzionalità di un sistema di comunicazione di massa contro quella di una comunicazione interpersonale. Il termine, che appartiene propriamente al mondo biologico e della fisica, è stato adottato per la sua funzione in molti campi della conoscenza, dall’economia alla psicologia dalla meccanica all’etologia. Il suo significato, nell’accezione più idonea, consiste nel ritorno in un sistema di una parte dell’output. In pratica, qualsiasi sistema di regolazione, naturale o artificiale, è organizzato in modo che parte del segnale in uscita viene riportato all’ingresso per regolare il segnale in entrata e ottenere così un segnale in uscita con le caratteristiche desiderate.
Ora, in un sistema di comunicazione interpersonale il segnale di ritorno viene captato al momento e questo consente all’emittente di modificare la sua comunicazione in fieri, per ricalibrare l’efficacia del messaggio. I sistemi di comunicazione di massa tradizionali, i quali non hanno un ritorno immediato, fanno invece affidamento su un feedback di tipo deduttivo, ricavato dalla vendita di copie o di biglietti nel caso di giornali e cinema, dai dati auditel e di ascolto per televisione e radio. Questo ovviamente comporta una distorsione della percezione nella rilevazione dei gusti medi di una società, sia perché i dati arrivano in differita rispetto alla fruizione, sia perché non se ne può ricavare nessuna indicazione sulla reazione del fruitore e quindi nessun elemento utile per ricalibrare il sistema e migliorarne le caratteristiche.
Se si inneggia a grandi ascolti perciò a volte è solo un errore di calcolo, che ne produce a catena, senza capirne fino in fondo i meccanismi che ne regolano la risposta, anzi spesso contravvenendo alle preferenze stesse del pubblico. E se pure l’effettivo gradimento non rappresenta una priorità rispetto al guadagno che deriva dall’audience, i media unidirezionali andranno comunque incontro ad una crisi, non tanto culturale, nella quale siamo all’apice, quanto di inefficacia nei vari tentativi subliminali di fidelizzazione, manipolazione e persuasione dello spettatore, il quale grazie ai media partecipativi tende sempre di più a sviluppare un senso critico che gli deriva dal confronto simultaneo.
Ora, in un sistema di comunicazione interpersonale il segnale di ritorno viene captato al momento e questo consente all’emittente di modificare la sua comunicazione in fieri, per ricalibrare l’efficacia del messaggio. I sistemi di comunicazione di massa tradizionali, i quali non hanno un ritorno immediato, fanno invece affidamento su un feedback di tipo deduttivo, ricavato dalla vendita di copie o di biglietti nel caso di giornali e cinema, dai dati auditel e di ascolto per televisione e radio. Questo ovviamente comporta una distorsione della percezione nella rilevazione dei gusti medi di una società, sia perché i dati arrivano in differita rispetto alla fruizione, sia perché non se ne può ricavare nessuna indicazione sulla reazione del fruitore e quindi nessun elemento utile per ricalibrare il sistema e migliorarne le caratteristiche.
Se si inneggia a grandi ascolti perciò a volte è solo un errore di calcolo, che ne produce a catena, senza capirne fino in fondo i meccanismi che ne regolano la risposta, anzi spesso contravvenendo alle preferenze stesse del pubblico. E se pure l’effettivo gradimento non rappresenta una priorità rispetto al guadagno che deriva dall’audience, i media unidirezionali andranno comunque incontro ad una crisi, non tanto culturale, nella quale siamo all’apice, quanto di inefficacia nei vari tentativi subliminali di fidelizzazione, manipolazione e persuasione dello spettatore, il quale grazie ai media partecipativi tende sempre di più a sviluppare un senso critico che gli deriva dal confronto simultaneo.
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