La lunga tradizione storico-artistica ci ha abituati ad identificare l’artista con Michelangelo e i suoi simili, pittori dunque o al massimo scultori. Negli ultimi decenni, tuttavia, l’avvicendarsi rapidissimo di molteplici linguaggi nelle opere d’arte ci ha costretti a fare i conti con una figura dell’artista che è ben altra cosa. E quindi, cosa è l’artista oggi?
Assistere ad una Biennale o semplicemente varcare le soglie di un museo d’arte contemporanea ci mette di fronte a situazioni, eventi, performance e installazioni che non sono più le semplici tele ad olio o a tempera così facilmente riconoscibili. La stessa categoria dell’arte è sempre meno definibile dato che al suo interno raccoglie tutto lo scibile umano, confondendone e diradandone i contorni.
Yves Michaud a tal proposito si chiede: se un’opera come lo scolabottiglie di Duchamp fosse stata proposta da un commerciante di articoli da cantina o da un idraulico, avrebbe potuto affermarsi con la stessa efficacia? Ovvero, le opere hanno una natura artistica che prescinde dal loro autore o tutto è semplicemente una questione di marchi?
Nelle attuali condizioni, essere un artista più o meno capace non ha alcuna importanza. Tutto ciò che regola il mercato dell’arte oggi è un delicato equilibrio fra artista, agenti, promotori, pubblicitari, galleristi, curatori, critici e mercanti.
Non che in passato ciò non sia mai accaduto. Il mondo dell’arte ha da sempre rappresentato un Olimpo dorato molto selettivo in cui gli uomini di libero pensiero esigevano di essere ammessi. Il raggruppamento di quelle che sono state definite le “belle arti”, le arti considerate cioè nobili, ha subito infatti una riclassificazione continua in virtù delle numerose battaglie che gli artisti delle varie epoche hanno condotto per la loro emancipazione.
Michaud scrive:
Alla luce di un’arte come categoria dallo statuto debole e quindi dai contorni amorfi, cosa significa oggi essere un artista? Chi può fregiarsi di questo titolo? Quali elementi determinano lo status di artista e chi lo legittima?
Su questi ed altri interrogativi nasce il seguente studio, che punta a sviscerare l’evoluzione del mestiere di artista dalle origini al mondo contemporaneo, cercando non solo di ricostruirne la storia, ma di fornire gli elementi critici per smascherare le contraddizioni ed inquadrare meglio una categoria che ha il vizio (o il pregio?) di sfuggire spesso ad ogni classificazione.
Innanzitutto il termine
Facendo risalire la questione alle origini dell’arte occidentale, ovvero al mondo greco, il termine “artista” ancora non esiste.
In realtà in Grecia non è neppure contemplato un termine unico che racchiuda il nostro moderno concetto di “arte”. Si parla tutt’al più di téchne come saper fare o di poiésis come fare creativo e pertanto non esiste nemmeno una distinzione tra artigiani ed artisti. Sono entrambi sullo stesso livello relegati nelle fasce più umili della società. O meglio, una differenza di prestigio c’è, ma, al contrario di quanto si potrebbe pensare, a svantaggio dell’artista, in seno ad una filosofia antimimetica.
Allo stesso modo l’ars latina designa in maniera molto estesa un’abilità acquisita con lo studio o con la pratica. Nel primo caso, ars si contrappone a natura e ingenium. Nel caso di abilità acquisita con la pratica, si contrappone a scientia. Niente a che vedere dunque con la derivazione semantica che farà del termine la moderna “arte”.
La condizione sociale dell’artista-artigiano dura fino al Medioevo. Intorno al Trecento si diffonde in Francia per l’artista il termine ouvrier, che indica letteralmente l’operaio, colui che opera nel sistema delle “arti meccaniche”. Nello stesso secolo con artiste, parola francese derivata dall’ars latina, si designa invece uno studente o magister della facoltà delle Artes, ovvero di lettere e filosofia. Più avanti, nel XVI secolo, il termine evolverà acquisendo un’accezione alchemica, ovvero diventa proprio di chi esegue operazioni chimiche.
Quando pittori e scultori, nel Cinquecento in Italia e dalla metà del Seicento in Francia, cominciano ad esigere un riconoscimento sociale emancipandosi dalle corporazioni e costituendo le Accademie, adottano ufficialmente il termine “artista” per definirsi e distinguersi dagli operai e dagli artigiani. Il riconoscimento sociale tuttavia avrà bisogno di una lunga gestazione e soltanto nel 1762 avremo la consacrazione ufficiale con il dizionario dell’Académie Française, che per la prima volta differenzia i termini “artigiano” ed “artista”, definendo quest’ultimo come «condizione di chi esercita un’arte in cui devono concorrere il genio e la mano».
Assistere ad una Biennale o semplicemente varcare le soglie di un museo d’arte contemporanea ci mette di fronte a situazioni, eventi, performance e installazioni che non sono più le semplici tele ad olio o a tempera così facilmente riconoscibili. La stessa categoria dell’arte è sempre meno definibile dato che al suo interno raccoglie tutto lo scibile umano, confondendone e diradandone i contorni.
Yves Michaud a tal proposito si chiede: se un’opera come lo scolabottiglie di Duchamp fosse stata proposta da un commerciante di articoli da cantina o da un idraulico, avrebbe potuto affermarsi con la stessa efficacia? Ovvero, le opere hanno una natura artistica che prescinde dal loro autore o tutto è semplicemente una questione di marchi?
Nelle attuali condizioni, essere un artista più o meno capace non ha alcuna importanza. Tutto ciò che regola il mercato dell’arte oggi è un delicato equilibrio fra artista, agenti, promotori, pubblicitari, galleristi, curatori, critici e mercanti.
Non che in passato ciò non sia mai accaduto. Il mondo dell’arte ha da sempre rappresentato un Olimpo dorato molto selettivo in cui gli uomini di libero pensiero esigevano di essere ammessi. Il raggruppamento di quelle che sono state definite le “belle arti”, le arti considerate cioè nobili, ha subito infatti una riclassificazione continua in virtù delle numerose battaglie che gli artisti delle varie epoche hanno condotto per la loro emancipazione.
Michaud scrive:
Le arti […] sono entrate una dopo l’altra nel panorama del mondo dell’arte riconosciuta. Nei casi in cui questo non sia ancora verificato, si esercita forte pressione per raggiungere l’obiettivo.
Alla luce di un’arte come categoria dallo statuto debole e quindi dai contorni amorfi, cosa significa oggi essere un artista? Chi può fregiarsi di questo titolo? Quali elementi determinano lo status di artista e chi lo legittima?
Su questi ed altri interrogativi nasce il seguente studio, che punta a sviscerare l’evoluzione del mestiere di artista dalle origini al mondo contemporaneo, cercando non solo di ricostruirne la storia, ma di fornire gli elementi critici per smascherare le contraddizioni ed inquadrare meglio una categoria che ha il vizio (o il pregio?) di sfuggire spesso ad ogni classificazione.
Innanzitutto il termine
Facendo risalire la questione alle origini dell’arte occidentale, ovvero al mondo greco, il termine “artista” ancora non esiste.
In realtà in Grecia non è neppure contemplato un termine unico che racchiuda il nostro moderno concetto di “arte”. Si parla tutt’al più di téchne come saper fare o di poiésis come fare creativo e pertanto non esiste nemmeno una distinzione tra artigiani ed artisti. Sono entrambi sullo stesso livello relegati nelle fasce più umili della società. O meglio, una differenza di prestigio c’è, ma, al contrario di quanto si potrebbe pensare, a svantaggio dell’artista, in seno ad una filosofia antimimetica.
Allo stesso modo l’ars latina designa in maniera molto estesa un’abilità acquisita con lo studio o con la pratica. Nel primo caso, ars si contrappone a natura e ingenium. Nel caso di abilità acquisita con la pratica, si contrappone a scientia. Niente a che vedere dunque con la derivazione semantica che farà del termine la moderna “arte”.
La condizione sociale dell’artista-artigiano dura fino al Medioevo. Intorno al Trecento si diffonde in Francia per l’artista il termine ouvrier, che indica letteralmente l’operaio, colui che opera nel sistema delle “arti meccaniche”. Nello stesso secolo con artiste, parola francese derivata dall’ars latina, si designa invece uno studente o magister della facoltà delle Artes, ovvero di lettere e filosofia. Più avanti, nel XVI secolo, il termine evolverà acquisendo un’accezione alchemica, ovvero diventa proprio di chi esegue operazioni chimiche.
Quando pittori e scultori, nel Cinquecento in Italia e dalla metà del Seicento in Francia, cominciano ad esigere un riconoscimento sociale emancipandosi dalle corporazioni e costituendo le Accademie, adottano ufficialmente il termine “artista” per definirsi e distinguersi dagli operai e dagli artigiani. Il riconoscimento sociale tuttavia avrà bisogno di una lunga gestazione e soltanto nel 1762 avremo la consacrazione ufficiale con il dizionario dell’Académie Française, che per la prima volta differenzia i termini “artigiano” ed “artista”, definendo quest’ultimo come «condizione di chi esercita un’arte in cui devono concorrere il genio e la mano».
:D che bella cosa, cmq secondo me l'artista reale è quello che riesce ad esprimere in maniera comprensibile la vera essenza di se stesso, non importa la forma, importa la qualità e il calibro della forza in esso contenuto
RispondiElimina